Un Frate Misterioso

   Accingermi a scrivere questa mia testimonianza non è così semplice, anzi, diciamo, per una come me che si è sempre considerata “insensibile” ai problemi di fede, è difficilissimo. Ho cercato di dare una spiegazione a quanto mi è successo, chiedendo sia ad eminenti personaggi della Chiesa sia ai cosiddetti “addetti al mondo paranormale”, ma tutti mi hanno dato una stessa risposta: quello che mi ha aiutata in un momento così difficile della mia vita è stato indubbiamente Padre Pio.
Premetto che non sapevo neppure chi fosse, non l’avevo mai visto, non sapevo che cosa aveva fatto.
Sembra un paradosso, lo so, ma effettivamente era così, vista la mia “disattitudine” a frequentare la Chiesa e ad informarmi su certi fenomeni della fede.
Silvio, mio marito, era ricoverato in cardiochirurgia. Era un anno che si curava per sindrome dolorosa al braccio sinistro, ma nessuno, ripeto, nessun medico aveva diagnosticato che poteva dipendere dal cuore. Solo una mia amica che pratica pranoterapia mi aveva avvertito, ma i medici lo avevano escluso, alla luce dei risultati delle analisi fatte, nella maniera più categorica.
La sera del 17 Novembre 1996, dopo un ennesimo dolore fortissimo al braccio che non gli permetteva neppure di camminare, fu ricoverato in ospedale come infartuato. Seguirono giorni tremendi, i medici non sapevano che cosa fosse successo al suo cuore. La risposta definitiva l’avemmo alcuni giorni dopo, quando gli fu fatto l’esame di coronariografia. Aveva un’eschemia pari al 95% e se fosse intervenuto , durante quest’anno, anche il più piccolo infarto, per lui sarebbe stata la fine. Fu deciso di intervenire urgentemente; fu trasferito a cardiochirurgia di Cisanello (Pisa) e sottoposto ad intervento chirurgico. La notte precedente all’intervento, mentre nel mio letto non riuscivo a dormire, assillata dalla speranza che tutto andasse bene e col timore che potesse accadere il peggio, mi vidi apparire, a fianco del mio letto, una figura alta, vestita con saio, raccolta in atteggiamento di preghiera che mi guardava e continuava a pregare. Subito mi chiesi chi poteva essere, ma le mie domande non ebbero risposta, non lo sapevo, non l’avevo mai visto.
La mattina, di buon ora ero già in piedi, la tensione era troppo grande; mi sentivo inerme di fronte ad un così enorme problema. Mi ricordai della visita notturna, ripeto non dormivo e non sognavo, e raccontai l’accaduto a mia suocera, la quale mi stette a sentire ma non fece nessun commento vista la mia “allergia” alla fede. Aspettavo con ansia l’ora di poter andare in ospedale, perché era inutile andare presto dato che l’intervento sarebbe durato parecchie ore e dalla disperazione mi buttai su una poltrona del salotto e così come un’automa, presi in mano una rivista che era lì nel porta giornali insieme con alcuni quotidiani. Mi meravigliai di come fosse capitata in casa nostra quella rivista poiché nessuno di noi ha mai letto una rivista del gener. La sfogliai così, involontariamente, e dopo alcune pagine mi resi conto che c’era un articolo ed alcune fotografie di un frate: era Padre Pio. Gridai: “Marusca, guardi chi era il frate che stanotte è venuto a trovarmi!”. A quel punto mia suocera mi disse che era il famoso frate di Petralcina che appare alle persone e fa miracoli. Aggiunse anche che non mi aveva detto niente visto che il mio ateismo dichiarato, ma aveva pensato subito che si trattasse di Lui. Ne aveva sentito parlare ad una trasmissione televisiva che andava in onda verso mezzogiorno e tutte le testimonianze che aveva sentito descrivevano queste apparizioni nello stesso modo nel quale l’avevo visto io. Partii per l’ospedale dimenticandomi dell’accaduto, ero troppo ansiosa, piena di paure e timori. Verso le 15.00 del pomeriggio ebbi la notizia che l’intervento chirurgico, erano stati fatti quattro by-pass, era andato bene e che mio marito era stato trasferito in terapia intensiva. Visto il mio carattere emotivo, la sera non mi fu dato il permesso di vederlo, perché così “incubato” avrebbe provocato in me uno shock ancora più grande del pensiero dell’intervento. Ero disperata, saperlo in quella stanza e non poterlo vedere. Ecco, all’improvviso, arrivare la mia capo ufficio, così la pregai di andare lei a vederlo e di dirmi come stesse. Lei andò e quando tornò cercò di tranquillizzarmi, benché così ridotto, Silvio era vivo.

   Tornata a casa fui attorniata dalle amiche che erano venute ad incoraggiare sia me sia mia suocera ed i miei figli.. Aspettammo con ansia la famosa ora X, cioè mezzanotte, il momento in cui Silvio sarebbe stato tolto un tubo al quale era attaccato e se tutto fosse andato bene non vi sarebbe stata più paura per la sua vita.
A mezzanotte arrivò la famosa telefonata dall’ospedale: Silvio stava bene, se così si può dire, ed il pericolo più grosso era passato; mi dissero di tranquillizzarmi e che il giorno dopo, poiché il suo organismo aveva reagito benissimo a tutte le cure che gli erano state prodigate, sarebbe stato passato in terapia sub-intensiva.
A tarda ora le amiche mi lasciarono ed io andai a coricarmi. Anche quella notte mi rividi apparire accanto al mio letto il solito frate e sempre in atteggiamento di preghiera: le mani giunte e la testa abbassata sulle mani, poiché ormai sapevo chi era lo ringraziai di averci aiutato.
La degenza post-operatoria andò benissimo, anzi addirittura il primario della clinica confessò ad un nostro amico che non si sarebbe mai immaginato un così facile recupero. Dopo due giorni, Silvio era già in piedi, e dopo sei fu dimesso. Non ha avuto bisogno né di terapie riabilitative né psicologiche; anzi il giorno stesso delle dimissioni, era di mercoledì, guidò la sua automobile e tornammo a casa. La domenica tornò a fare una passeggiata per i nostri boschi, il suo sport preferito. Gli andò appresso un nostro amico cardiochirurgo perché anche lui non pensava che ce l’avrebbe fatta, ma vista l’insistenza di Silvio ad uscire e camminare, pensò che fosse doveroso seguirlo ed, in caso di bisogno, assisterlo. Tutto andò bene. Dopo un mese tornò a lavorare. La vita era tornata normale, ormai l’intervento era solo un brutto ricordo.
Ecco che allora successe un’altra cosa inspiegabile. Eravamo tutti e due nell’ingresso di casa, pronti ad uscire per recarci al lavoro, lui stava accendendo la luce all’acquario, quando la stanza si riempì di un profumo dolcissimo, un profumo di rose. In casa non vi erano fiori e mi ricordo bene che io associai quel profumo alle rose perché mi tornò alla mente un profumo di Christian Dior che un’amica mi aveva fatto sentire quando frequentavo l’Università. Era un profumo fatto con essenza di rosa che, benché mi piacesse tanto, non avevo mai potuto comprarlo. Silvio, invece, pensò meravigliato che mi fossi spruzzata addosso un deodorante o un profumo dolce, dato che sapeva benissimo che io uso solamente profumi maschili. Rimanemmo meravigliati e partimmo per il lavoro. Solo dopo due mesi, parlandone con alcune persone, abbiamo saputo che anche questa è stata una manifestazione di Padre Pio poiché è lui che emana questo profumo dolcissimo.
Sono stati episodi che ci hanno colpito moltissimo ed hanno cambiato un po’ anche la nostra vita; adesso ci avviciniamo un po’ ai problemi di fede e dentro di noi è rimasto un senso di doveroso ringraziamento a questo Frate che ci ha aiutato.
Addirittura una sera, nella biblioteca dove lavoro, ero di chiusura, e dopo aver chiuse tutte le finestre, mi fermai a parlare di queste cose con una mia collega, perché lei afferma di essere in contatto con l’aldilà, e mentre stavamo parlando dell’esito felicissimo di Silvio e dell’aiuto che avevamo avuto, anche se atei, da questo Frate, mi accorsi che il suo sguardo si era spostato verso un lato della stanza dove sono collocati libri del 1700 con la loro bella legatura in pergamena. Istintivamente anch’io mi girai da quella parte per cercare di capire cosa stesse succedendo. Ad un tratto, sul dorso di uno di quei libri, apparve una sfera luminosa e piano, come una messa a fuoco di una qualsiasi macchina fotografica, apparve il volto di Padre Pio. Durò qualche minuto, vedemmo la sua faccia bella limpida, nitida, poi, piano piano si offuscò, la sfera luminosa scomparve e tutto tornò nella norma. Rimasi attonita, ammutolita, meravigliata e la mia collega, abituata a tali fenomeni, mi disse subito che quella era l’ennesima prova che Padre Pio aveva aiutato Silvio in quel terribile momento della sua vita e che forse era meglio se ci avvicinavamo alla fede e imparavamo a pregare, visto che non l’avevamo fatto mai.

   Adesso, a distanza di quattro anni da quei terribili momenti, Silvio sta bene, conduce una vita normalissima, e come cure mediche assume solo una piccola compressa che ha l’azione di rendere un po’ più fluido il sangue.
Ecco, questa è la mia testimonianza di un fenomeno che ci è realmente accaduto e che in un certo modo ha cambiato anche il nostro modo di vedere e ci ha avvicinato alla fede.

Silvio