Articolo tratto dal quotidiano “Il Giorno”

Del 22 ottobre 2000

Uno studio di due scienziati britannici
su pazienti sopravvissuti ad arresti cardiaci

 

LONDRA, 22 ottobre – L’anima esiste. A dirlo questa volta non sono teologi, ma due eminenti medici britannici che per un anno hanno analizzato, da un punto di vista strettamente scientifico, i casi di pazienti sopravvissuti ad arresti cardiaci.

Peter Fenwick, neuropsichiatria all’Istituto di Psichiatria di Londra, e Sam Parnia, ricercatore clinico presso l’ospedale di Southampton, in uno studio che sarà pubblicato dalla rivista medica “ Resuscitation” ipotizzano che la mente sia indipendente dal cervello e quindi la coscienza, cioè l’anima, continui a vivere dopo la morte cerebrale. Durante l’anno in cui hanno condotto lo studio, al General Hospital di Southampton sono sopravvissuti 63 pazienti ad arresto cardiaco. Fenwick e Parnia li hanno intervistati tutti entro una settimana dall’evento. Di questi 56 non avevano memoria del tempo in cui erano rimasti privi di conoscenza.

Dei sette che hanno dichiarato di ricordare qualcosa, solo quattro hanno superato la così detta scala Grayson, un criterio medico per valutare le esperienze di “quasi morte”. Tutti e quattro hanno raccontato di sensazioni di pace e gioia, di tempo accelerato, di perdita di percezione del corpo, di una luce brillante e dell’ingresso in un altro mondo. Tre di loro si sono definiti anglicani non praticanti, il quarto cattolico.

Dall’esame delle loro cartelle cliniche, Fenwick e Parnia escludono che l’esperienza raccontata possa spiegarsi con un collasso delle funzioni cerebrali causato da mancanza di ossigeno. Escludono anche che siano frutto di combinazioni di medicinali in quanto le tecniche di rianimazione praticate nell’ospedale sono uguali per tutti i pazienti. « All’inizio ero scettico, ma dopo aver valutato tutte le prove adesso penso che ci sia qualcosa », dice il dottor Parnia al domenicale britannico “ Sunday Telegraph “.

«Queste persone hanno avuto queste esperienze in una condizione in cui il cervello non avrebbe dovuto essere in grado di sostenere processi lucidi o consentire loro di avere ricordi duraturi. Questo potrebbe fornire una risposta alla domanda se la mente o la coscienza siano prodotte dal cervello, o se il cervello non sia invece una specie di intermediario della mente, la quale esiste indipendentemente », argomenta ancora Parnia.

Dunque, specula il suo collega Fenwick, « se la mente e il cervello sono indipendenti, allora la coscienza sopravvive al corpo ». Commentando lo studio il vescovo anglicano Stephen Sykes, dice che la scoperta è affascinante, ma non certo sorprendente; mentre il teologo Geoffrey Rowell sottolinea che essa « smentisce le teorie materialiste secondo le quali l’uomo non sarebbe altro che un computer di carne »

[Vedi in questo sito alla voce testimonianze diverse esperienze vissute di NDE]

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