Di Raul Bocci

[Tratto da L’AURORA Anno 49° N.469 Marzo 2000]

“Giovanni Bosco (1825-1888) strinse un patto con l’amico Luigi Comollo quando frequentavano lo stesso seminario: chi dei due amici fosse morto per primo avrebbe fatto conoscere al superstite, Dio permettendo, il suo stato nell’Aldilà e se questo esistesse veramente.
Il Comollo morì a soli 22 anni. La notte del 4 aprile 1839, cioè il giorno successivo alla sepoltura, Don Bosco riposava nel dormitorio dove dormivano gli alunni del corso teologico. Don bosco era a letto ma non riusciva a prendere sonno, pensava alla promessa fatta dal suo amico. Uno strano presentimento lo aveva conquistato e sentiva che qualcosa stava per accadere. Ed infatti, ad un tratto, sentì un rumore sordo, indistinto; sembrava provenire dal fondo del corridoio ed ebbe la netta impressione che quel rumore si avvicinasse notevolmente. Racconta lui stesso che
pareva quello di un grosso carro o di un treno, e più si avvicinava, più le pareti e il pavimento rumoreggiavano, come se – egli narra – “fossero costruiti di lastre di ferro scosse da un potentissimo braccio”.
I seminaristi, a quel rumore tremendo, si svegliarono ma nessuno ebbe il coraggio di parlare: gli occhi sbarrati nel buio, le membra tremanti, essi cercavano mentalmente una spiegazione senza potersela dare. Ormai il rumore veniva proprio dalla porta, laggiù in fondo. Ed ecco che essa si aprì con violenza permettendo, così, di distinguere una fioca luce che stranamente aveva leggeri riflessi di differenti colori. Poi quel rumore cessò d’un tratto e, in un silenzio quasi irreale, quella luce languida si trasformò in luce vivissima e sfolgorante e subito si sentì, in maniera distinta, la voce di Comollo: “Giovanni, Giovanni, Giovanni… Io sono salvo!”. Quella luce ora si fece ancor più risplendente e poi quel rumore che era cessato riprese violentissimo per qualche attimo. Di nuovo silenzio e la luce s comparve. I seminaristi fecero circolo intorno al prefetto di camerata, Don Giuseppe Fiorito da Rivoli, anche lui sconvolto, che cercò di rasserenarli. E’questa una testimonianza di grande valore, anche perché pienamente condivisa ed avallata dai compagni che dormivano nello stesso stanzone.”